“Siamo antirazzisti perché non vogliamo rinunciare alla nostra umanità, perché davanti a questioni sociali gravi e sentite la soluzione non può essere quella di trovare capri espiatori in questa o in quell’altra etnia, e perché riteniamo che la diversità sia una ricchezza”.
Così il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha sintetizzato il valore della manifestazione “Insieme contro il razzismo” organizzata ieri pomeriggio a Firenze, in piazza Ognissanti.
Intervenendo dopo il sindaco di Firenze Dario Nardella, con cui aveva condiviso la mobilitazione odierna, il presidente ha subito spiegato il motivo della manifestazione.
“A 80 anni dalle leggi razziali, che furono promulgate a San Rossore, il pericolo del razzismo incombe di nuovo. Sentiamo diffondersi idee di superiorità (“prima gli italiani, sempre e comunque”), di disprezzo (“purtroppo ci tocca tenere i rom italiani”), una svalutazione dello straniero (“finisce la pacchia”, “faremo pulizia”); queste idee che nascono dentro un discorso politico e che si fanno strada nel senso comune vanno combattute con serenità, fermezza, e con la mobilitazione. Così come stiamo facendo oggi”.
“All’origine di questo clima – ha proseguito Rossi – c’è una questione sociale seria: ma davanti a posti di lavoro persi, fabbriche che chiudono, bisogno di protezione, futuro incerto la facile soluzione di liberarci di chi è straniero, di chi è diverso, perché, in quanto tale, pensiamo che ci tolga il lavoro, o ci faccia sentire insicuri, è sbagliata e si basa su dati falsi”.
Il presidente delle Regione evidenzia come in Toscana l’immigrazione rappresenti anche una fonte di crescita e di sviluppo: “Qui ci sono 400.000 persone immigrate, regolarmente residenti: sono il 10% della popolazione, e prendono meno di ciò che danno in termini di sostanze date allo Stato. E’una popolazione giovane, attiva, che immette dinamismo nella società. Ci sono poi 35.000 società fondate da immigrati, senza le quali la crisi avrebbe colpito di più tutti noi. E ancora, c’è una nuova classe operia interetnica che si sta formando in tante parti della Toscana, dai cantieri navali della costa, alle fabbriche della zona del cuoio. E per finire, non dimentichiamolo, c’è nelle nostre famiglie una manodopera immigrata che di fronte alle carenze dello stato assiste i nostri genitori. Questi – sottolinea Rossi – sono o non sono fratelli d’Italia?”
Ancora un dato a supporto della sua tesi: “Ogni anno nascono in Toscana 5.700 bambini da genitori stranieri residenti. 5.700 bambini: senza questi saremmo al crollo demografico. 5.700 bambini che nascono e non avendo legge sullo ius soli dovranno aspettare fino a 18 anni per poter iniziare una pratica per il riconoscimento della loro cittadinanza”.
Rossi non nega, tutt’altro, che la questione immigrazione sia complessa, con tanti aspetti problematici sia per chi accoglie che per chi arriva: e cita il caso delle maestre ‘eroine’ nell’insegnare italiano a chi arriva qui senza conoscerne una parola, e i tremendi casi di sfruttamento degli immigrati irregolari, ai limiti dello schiavismo, i fenomeni di caporalato, scoperti anche in Toscana.
Ma, conclude, “Nell’affrontare una questione come l’immigrazione niente può farci di peggio che la diffusione di un clima e di un senso comune razzista. La bussola che ci deve orientare deve essere quella della convivenza, dell’integrazione, del rispetto della legge e della Costituzione. Con queste idee si può affrontare la paura e guardare al futuro“.