Prendere un vecchio stabilimento industriale impegnato nella chimica tradizionale, salvarlo dalla crisi evitandone la chiusura e riconvertirlo alla chimica verde, per di più introducendo un metodo innovativo che ricava dalle acque reflue un ulteriore prodotto da commercializzare. Un esempio perfetto di economia circolare: avviene a Patrica, pochi chilometri a nord di Frosinone, dove è stato inaugurato ufficialmente l’impianto di Mater–Biopolymer, società interamente controllata dal gruppo Novamont.
La struttura è dedicata alla produzione di Origo-Bi, biopoliesteri ad alto grado di rinnovabilità, componenti delle bioplastiche compostabili Mater-Bi (che sono alla base di molti prodotti di largo consumo, a partire dagli ormai famosi bio-shopper per fare la spesa). «Nei 140mila metri quadri di questo stabilimento arrivano le materie prime prodotte in altri impianti del gruppo e originate da fonte rinnovabile vegetale e qui vengono processate», spiega il direttore dello stabilimento di Patrica, Emilio Mazza. Ma dal processo industriale vengono prodotte anche delle acque reflue. Da qui l’idea: «Queste acque – prosegue Mazza – sono molto ricche di un composto organico denominato THF (tetraidrofurano, ndr), che è molto prezioso per tutta l’industria chimica e farmaceutica. Nello stabilimento siamo attrezzati per prendere questo refluo e separare l’acqua dal THF». E così l’acqua viene inviata in un impianto di depurazione e il THF viene purificato e poi venduto.
Finora dalla nuova proprietà sono stati investiti nel progetto 70 milioni di euro. Ad essi si aggiungeranno presto altri trenta per avviare, direttamente nello stabilimento laziale, una nuova linea di produzione di bioplastica che oggi viene realizzata in altri impianti del gruppo Novamont.
La riconversione verde ha permesso tra l’altro di evitare il licenziamento degli 82 dipendenti della vecchia proprietà. Ai quali se ne sono aggiunti altri: oggi lo stabilimento dà infatti occupazione a circa 90 dipendenti, senza considerare l’occupazione indiretta funzionale alla sua operatività (manutenzione, movimentazione materiali) e quella indotta.
Dal punto di vista dell’impatto ambientale, la riconversione della seconda linea di produzione e il recupero del THF hanno consentito di generare vantaggi ambientali rilevanti: 246.000 tonnellate di emissioni di CO2 equivalente l’anno evitate e 1.296.000 km di trasporto su ruota evitati, relativi al trasporto dei reflui contenenti THF che venivano smaltititi all’esterno del sito.
Un esempio virtuoso di rigenerazione del tessuto industriale: «Lo sforzo di industrializzazione realizzato da Novamont negli ultimi anni è stato enorme e ha pochi uguali a livello europeo – ha osservato Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont – Dobbiamo però essere coscienti del fatto che quanto fin qui costruito non avrà rilevanza se non sapremo utilizzarlo per moltiplicare i casi di rigenerazione territoriale al punto che questi prevalgano su quelli di degradazione. Insomma, dobbiamo lavorare insieme verso un approccio rigenerativo delle risorse naturali che non deve essere visto come un limite ma come una grande opportunità di ridisegnare su basi sostenibili la nostra società con le radici nei territori, più inclusiva e contributiva, dove i piccoli e i grandi trovano uno spazio equo. In tutto questo il mondo dell’agricoltura e il suolo e la sua preservazione e rigenerazione sono fondamentali e vitali».
Analisi condivisa dal presidente della Regione Lazio, intervenuta all’inaugurazione: «Gli investimenti finanziari realizzati da questo gruppo industriale hanno permesso di creare qui a Patrica, in provincia di Frosinone, un polo con una grande capacità produttiva a livello internazionale che ha offerto al territorio nuova linfa occupazionale, seguendo le linee e i dettami della green economy e della sostenibilità ambientale».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it