La popolazione italiana, in continua crescita negli ultimi cento anni, oggi diminuisce, e al contempo invecchia, più velocemente che mai: nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno, come se la città di Roma sparisse dalla Penisola. Ma il dato ancor più rilevante è che gliover65, oggi un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo, vale a dire 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni. La “bomba dell’invecchiamento”, pronta a esplodere già dal 2030 se non adeguatamente gestita, innescherà tra l’altro un circolo vizioso: l’aumento della vita media causerà l’incremento di condizioni patologiche che richiedono cure a lungo termine e un’impennata del numero di persone non autosufficienti, esposte al rischio di solitudine e di emarginazione sociale; così crescerà inesorabilmente anche la spesa per la cura e l’assistenza a lungo termine degli anziani, ma anche quella previdenziale, mentre diminuirà la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani per prendersi cura dei nostri vecchi. Infatti, oggi tre lavoratori hanno sulle spalle un anziano, domani saranno solo in due a sostenerlo. Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalle proiezioni sociodemografiche e sanitario-assistenziali al 2030 e al 2050 elaborate dall’Istat per Italia Longeva-Rete nazionale sull’invecchiamento e la longevità attiva, e presentate oggi al ministero della Salute nel corso della terza edizione degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine, la due giorni di approfondimento e confronto sulle soluzioni sociosanitarie a supporto della Long-Term Care. “I dati presentati si riferiscono a semplici proiezioni della situazione attuale- avverte il presidente dell’Istat, prof. Giorgio Alleva- e pur non trascurando un rilevante margine di incertezza, non vi è dubbio che il quadro prospettico sollevi una questione di sostenibilità strutturale per l’intero Paese”.
IL QUADRO EPIDEMIOLOGICO
Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. “Curarli tutti in ospedale- commenta il prof. Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva- equivarrebbe a trasformare Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze in grandi reparti a cielo aperto. È evidente, quindi, che le cure sul territorio non rappresentano più un’opzione, ma un obbligo per dare una risposta efficace alla fragilità e alla non autosufficienza dei nostri anziani, che si accompagnerà anche a una crescente solitudine. Le stime Istat per Italia Longeva ci dicono che, nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno da soli, e di questi, 1 milione e 200mila avrà più di 85 anni”.
ASSISTENZA, CURA E SOSTENIBILITÀ
Il potenziamento dell’assistenza domiciliare e della residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socioassistenziali, ad oggi ancora un privilegio per pochi, con forti disomogeneità a livello regionale, non è più procrastinabile anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all’interno dei nuclei familiari. Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63. “Le famiglie- commenta ancora Bernabei- pilastro del nostro welfare, saranno sempre meno numerose, pertanto i servizi sociosanitari, che già oggi coprono solo un quarto del fabbisogno, dovranno essere integrati sempre più dal supporto di badanti, da nuove forme di mutualità e, probabilmente, da un ritorno allo spirito di comunità. C’è poi la disabilità, che nel 2030 interesserà 5 milioni di anziani, e diventerà la vera emergenza del futuro e il principale problema di sostenibilità economica nel nostro Paese. Essere disabile vuol dire avere bisogno di cure a lungo termine che, solo nel 2016, hanno assorbito 15 miliardi di euro, dei quali ben tre miliardi e mezzo pagati di tasca propria dalle famiglie”. Questo nuovo quadro impone delle risposte anche da parte del legislatore, per ciò che attiene una rimodulazione dei diritti delle famiglie con persone disabili. “Nei prossimi 50 anni- afferma il prof. Tito Boeri, presidente dell’Inps- le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza di lungo periodo basandosi pressoché interamente sul contributo delle famiglie. Ci vogliono politiche di riconciliazione fra lavoro e responsabilità famigliari che modulino gli aiuti in base allo stato di bisogno, ad esempio sembra opportuno rimodulare i permessi della L. 104/92 in base al bisogno effettivo di assistenza”.
Notizia tratta dal sito www.dire.it