Il ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra, ha dichiarato il 1 novembre l’intenzione di emettere green bond a partire dal prossimo anno, per un valore che si aggira tra i 3,9 e 5,7 miliardi di euro. Questa mossa, secondo Hoekstra (nella foto, ndr), sarebbe una risposta alla sempre più pressante richiesta degli investitori di destinare il proprio capitale verso progetti volti alla sostenibilità e alla protezione dell’ambiente. Così facendo, il governo olandese ha riaffermato il proprio impegno a creare e sostenere un mercato finanziario verde, dando la possibilità di investire in green bond emessi dallo Stato e non solo da società private e organizzazioni finanziare.
L’annuncio di Hoekstra arriva in un contesto, come quello olandese, dove strumenti di finanza verde sono sempre più utilizzati. Ad oggi infatti l’Olanda si posiziona quinta nel ranking mondiale sull’emissione di green bond, con 8 emittenti e un valore di mercato pari a 31 miliardi.
Non è tuttavia solo l’Olanda a puntare su green bond e, più in generale su qualsiasi altro strumento di finanza verde. Ormai si tratta di una tendenza che si riscontra a livello globale. Se si confrontano infatti i dati del 2017 e 2018 si nota che il valore del mercato mondiale dei green bond è quasi duplicato, passando da 87,2 a 155,5 miliardi di dollari. L’Italia stessa sta facendo bene nell’emissione di titoli di debito verdi. Pur non avendo ancora green bond emessi dallo Stato si posiziona dodicesima nel ranking mondiale, con un valore di mercato pari a 5,9 miliardi, e con un 2018 che sarà ricordato per la decisione di Enel di emettere un green bond da 1,25 miliardi di euro.
È ormai chiaro che il mondo della finanza si occupi sempre di più di questioni ambientali, sia per mitigare rischi economici legati al cambiamento climatico, sia per la costante pressione da parte di organizzazioni internazionali ed opinione pubblica. In altre parole, una parte del mondo finanziario sta cercando di facilitare la transizione dell’economia globale verso la sostenibilità e la protezione dell’ambiente: i green bond sono un perfetto esempio della strategia adottata.
La compravendita di questi titoli da parte di investitori ed emittenti non fa infatti altro che aumentare i flussi finanziari verso progetti verdi e di sostenibilità per limitare esternalità negative e creare un compenso economico. La logica che sottostà ai green bond e alla finanza verde è quella di “dematerializzare” l’economia mondiale e cioè di continuare ad avere crescita economica, mentre l’impiego di risorse naturali diminuisce, o quanto meno si stabilizza. Alla logica della “dematerializzazione” sono tuttavia stati opposti studi che sostengono come una costante crescita economica non potrà far altro che incrementare l’utilizzo di risorse naturali. È quindi lecito domandarsi se l’esistente modello di sviluppo economico possa davvero contribuire alla lotta al cambiamento climatico, ricordando che la comunità scientifica ha recentemente avvisato che limitare l’alzamento delle temperature a +2°C – obiettivo tra l’altro difficilmente raggiungibile con le attuali misure prese a livello mondiale – potrebbe non essere sufficiente. Di fronte a questo scenario viene in mente quella frase che da anni è sulla bocca di attivisti, accademici e parte del mondo politico: “System change not, climate change” e cioè “cambiamo il sistema e non il clima”.
Ciononostante, la finanza verde e l’emissione di green bond sono destinati a crescere e sicuramente contribuiranno – come già fanno – alla promozione di infrastrutture verdi, energie rinnovabili e progetti di efficienza energetica. È però necessario domandarsi in che misura questi investimenti potranno davvero limitare l’innalzamento delle temperature sotto la soglia dei 2°C e, più in generale, realizzare che non possiamo salvare l’ambiente perpetuando l’attuale modello economico di crescita continua.
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it