Nel 2013 Ian Marius Peters, che ora lavora per Massachusetts Institute of Technology (MIT), stava conducendo una ricerca sull’energia solare a Singapore e si trovò nel bel mezzo di una nuvola di smog soffocante e così densa che non si vedevano gli edifici dall’altra parte della strada e l’aria aveva un’odore acre di bruciato. Lo smog era stato causato dagli incendi delle foreste nella vicina Indonesia per far posto alle piantagioni di palma da olio e la nube soffocante era stata portata sulla metropoli/Stato asiatica da insoliti modelli atmosferici che la fecero stagnare su Singapore per due settimane, causando anche un boom di vendite di mascherine e maschere antigas.
Ma mentre altri si preoccupavano dei problemi per la salute pubblica, un collaboratore di Peters, Andre Nobre di Cleantech Energy Corporation of Singapore., si chiedeva quale impatto avesse la spessa nube di smog sui pannelli solari in città. Ne è venuta fuori una ricerca studio durata un anno per tentare di quantificare in che modo le installazioni solari urbane sono influenzate dallo smog che tende a formarsi nelle città sovrappopolate. Ora i risultati di quella ricerca sono diventati lo studio lo studio “Urban haze and photovoltaics” pubblicato su Energy & Environmental Science da Peters Nobre e da un team di ricercatori di MIt, Cleantech Energy Corporation e National University of Singapore – Solar Energy Research Institute of Singapore e dimostrano che gli effetti dello smog sulla produzione di energia solare sono davvero notevoli. «In alcuni casi – spiega David L. Chandler su MIT News – può significare la differenza tra un impianto di successo dell’energia solare e uno che finisce per non riuscire a soddisfare i livelli di produzione previsti e probabilmente funziona in perdita».
Dopo aver iraccolto dati sia sulla quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo, sia sulla quantità di particolato nell’aria, Peters, il professore associato di ingegneria meccanica del MIT Tonio Buonassisi e loro team hanno cercato il modo per calcolare la quantità di luce solare che veniva assorbita o dispersa dallo smog rima di raggiungere i pannelli solari. E determinare il livello di assorbimento della luce solare si è rivelato sorprendentemente difficile, ma alla fine, sono stati in grado di raccogliere questi dati a Delhi, in India, fornendo misure di insolazione e dell’inquinamento per un periodo di due anni e hanno confermato «significative riduzioni della produzione da parte dei pannelli solari«. Ma, a differenza di Singapore, quello che hanno scoperto è che «A Delhi è costante. Non c’è mai un giorno senza inquinamento- sottolinea Peters – Abbiamo trovato che lì il livello medio annuo di attenuazione della produzione di un pannello solare era di circa il 12%. Anche se questo potrebbe non sembrare così grande, è più grande dei margini di profitto per alcuni impianti solari, e quindi potrebbe letteralmente essere sufficiente a fare la differenza tra un progetto di successo e uno che fallisce, avendo non solo un impatto sul progetto, ma anche causando potenzialmente un effetto a catena, scoraggiando altri dall’investire in progetti solari. Se le dimensioni di un impianto si basano sui livelli attesi di irradiazione solare che raggiunge il suolo in quella zona, senza considerare gli effetti dello smog, non sarà in grado di soddisfare la produzione prevista e le entrate previste. Quando stai pianificando un progetto, se non hai considerato l’inquinamento atmosferico, stai sottovalutando e ottieni una stima sbagliata del tuo ritorno sull’investimento»
Dopo lo studio dettagliato realizzato a Delhi, il team del MIT e di Singapore ha esaminato i dati preliminari di altre 16 città in tutto il mondo e ha riscontrato impatti che vanno dal 2% in meno per Singapore a oltre il 9% Pechino, Dakha, Ulan Bator e Kolkata. Inoltre, hanno studiato come i diversi tipi di celle solari – arseniuro di gallio, tellururo di cadmio e perovskite – vengono influenzati dal rischio smog a causa delle loro differenti risposte all’irraggiamento e dicono che «Tutti sono stati danneggiati ancora più fortemente dei pannelli standard di silicio studiati inizialmente, con la perovskite, un materiale per le cellule solari più promettente che è stata maggiormente colpita (con un’attenuazione superiore al 17% a Delhi)».
In molti Paesi di tutto il mondo si stanno installando sempre più pannelli solari urbani e l’India punta a installare 40 gigawatt di impianti solari sui tetti, mentre la Cina ne ha già 22 GW. La maggior parte di questi pannelli sono nelle aree urbane. «Quindi, l’impatto di queste riduzioni della produzione potrebbe essere piuttosto grave – dicono i ricercatori –
Solo a Delhi, le entrate perse dalla mancata produzione di energia potrebbero ammontare fino a 20 milioni di dollari all’anno; per Kolkata circa 16 milioni di dollari e per Pechino e Shanghai sono circa 10 milioni di dollari l’anno ciascuno Le installazioni pianificate a Los Angeles potrebbero perdere tra 6 e 9 milioni di dollari. Nel complesso, le perdite potenziali potrebbero facilmente ammontare a centinaia di milioni, se non miliardi di dollari all’anno. E se i sistemi sono sottostimati a causa di una mancata presa in considerazione dello smog ciò potrebbe anche incidere sull’affidabilità complessiva del sistema».
Peters conclude: «I principali benefici per la salute legati alla riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico dovrebbero essere una motivazione sufficiente per le nazioni per prendere misure forti, ma si spera che questo studio sia un altro piccolo tassello per dimostrare che dovremmo davvero migliorare la qualità dell’aria nelle città e dimostrare che è davvero importante».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it