La Commissione, il Parlamento e il Consiglio europei hanno recentemente stabilito – all’interno della direttiva Red II – la necessità di soddisfare con energie rinnovabili almeno il 32% dei consumi finali lordi di energia Ue al 2030. Le energie pulite sono dunque al centro della transizione energetica, ma cosa serve all’Italia per tagliare il traguardo tra appena 12 anni? Per rispondere Elettricità futura (la principale associazione del mondo elettrico italiano, nata dall’integrazione tra Assoelettrica e asso Rinnovabili) e Anev (l’Associazione nazionale energia del vento) hanno presentato oggi lo studio elaborato da Elemens sugli scenari relativi alle rinnovabili elettriche al 2030, evento cui hanno presenziato il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio alcuni rappresentanti delle forze politiche parlamentari come Rossella Muroni (LeU).
«Dobbiamo decarbonizzare e defossilizzare l’economia – ha convenuto Di Maio – Intendiamo cambiare rotta e supportare al massimo gli operatori del settore rinnovabili. Gli obiettivi che ci stiamo dando vanno in questa direzione, intendiamo alzare l’asticella per portare l’Italia ad essere leader. Raggiungere il 32% da fonti rinnovabili nei consumi finali significa che dobbiamo raddoppiare, in soli 10 anni, la produzione da rinnovabili. Passando dagli attuali 130 TWh a più di 200. Questi obiettivi, insieme al programma di decarbonizzazione, guideranno la stesura del piano Clima ed Energia, una bozza che sarà inviata per le valutazioni in commissione entro dicembre. A stretto giro – ha aggiunto il ministro – verrà pubblicato il decreto Rinnovabili che prevede l’installazione di più di 6.000 MW da impianti nuovi o in oggetto di rifacimento. Il decreto mette a disposizione risorse per più di 250milioni di euro nel triennio 2018-2020».
Attualmente però l’Italia è settata su un binario di sviluppo diverso rispetto a quello indicato dall’Ue: all’interno della Strategia energetica nazionale approvata nel novembre scorso, l’Italia si era posta un obiettivo di rinnovabili del 28% (55% sul settore elettrico) a fronte di un obiettivo Ue del 27%: il nuovo obiettivo europeo del 32% potrebbe richiedere un contributo maggiore delle rinnovabili elettriche nel nostro Paese, che Elemens ipotizza al 63%. Come ha riportato anche il ministro Di Maio, questo significa che al 2030 dovrebbero essere prodotti circa 210 TWh di energia elettrica verde: un valore più che raddoppiato rispetto al livello del 2017 (103 TWh) e ancora maggiore se si tiene conto che in assenza di interventi alcuni impianti potrebbero cessare la produzione per obsolescenza. Come? «Puntando maggiormente su eolico e fotovoltaico, che sono fonti con grandi potenziali, ma senza dimenticare – argomenta Muroni – il contributo di idroelettrico, bioenergie e geotermico. Un obiettivo che richiederà grandi investimenti, ma che produrrà secondo le stime oltre 100mila occupati e un beneficio netto sul sistema Paese di 21,5 miliardi di euro».
Se ne deduce la pressante necessità di accelerare, mentre i dati dello stesso Mise e dell’Enea mostrano che l’attuale sviluppo di fonti rinnovabili e decarbonizzazione è drammaticamente lento. «Come sistema di imprese siamo pronti alla sfida e siamo certi che il Governo – auspica Simone Mori, presidente di Elettricità Futura – darà un nuovo impulso al processo di transizione in tutti i segmenti, attraverso meccanismi di pianificazione e promozione degli investimenti, regole di mercato chiare e certe, un continuo confronto con il territorio e una rinnovata attenzione al rapporto tra l’industria e la ricerca». Tutte necessità messe in evidenza tra le proposte avanzate oggi da Elettricità Futura e Anev per lo sviluppo del settore, spaziando dai meccanismi di pianificazione e promozione degli investimenti al rapporto con il territorio e le amministrazioni per assicurare processi autorizzativi trasparenti e tempestivi.
«Il nuovo obiettivo del 32% di ronti rinnovabili al 2030 impone all’Italia – ha concluso Simone Togni, presidente dell’Anev – un cambio di passo che consenta di realizzare tutto il potenziale disponibile per i prossimi anni. Il ritardo accumulato impone di iniziare da subito con quelle tecnologie, come l’eolico, che già oggi sono mature, disponibili ed economicamente efficienti e che garantiscono alle aree più disagiate del Paese, e che fortunatamente sono anche maggiormente ricche della risorsa eolica, di poter sviluppare occupazione locale e innovazione tecnologica in una fonte, l’eolico, che in Italia ha saputo sviluppare un’industria solida che è esportatrice di tecnologia in Europa e nel Mondo. Il centro-sud del nostro Paese potrebbe quindi coniugare crescita, ambiente e occupazione realizzando quella rivoluzione industriale necessaria a decarbonizzare il sistema elettrico e predisporre le basi per rendere il vettore elettrico centrale per il futuro sviluppo dell’Italia».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it