Nel 2017 circa 653mila imprese italiane hanno ricercato, sondando il mercato del lavoro, profili professionali con attitudine al risparmio energetico o alla sostenibilità ambientale. È quanto emerge dal sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere (l’ente pubblico che rappresenta il sistema camerale italiano) e Anpal (l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), mostrando che una impresa su due fra quelle con dipendenti (il 49,9%) richiede in modo preponderante al personale che intende assumere il possesso di competenze green». E questo «sia in presenza che in assenza di investimenti già effettuati o programmati in tecnologie verdi».
In particolare, ben il 76,8% dei contratti programmati (a tempo indeterminato o determinato) nelle imprese censite era «destinato a persone che potevano vantare green skill». La propensione a investire nelle competenze ambientali del capitale umano spazia dal mondo dell’industria a quello dei servizi: secondo i dati Excelsior i settori con la quota più alta di imprese che investono in competenze verdi vedono infatti primeggiare il turismo (63,3%), tallonato dalle industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere (61,7%), dai trasporti e dalla logistica (60,1%), dai servizi alla persona (59,1%), dall’istruzione (55,2%), dalle public utility (54%), solo per citare gli esempi più rilevanti. Più in generale, la richiesta di competenze verdi nell’ambito dell’industria prevale ancora (50,1%) su quello dei servizi (49,7%), anche se di un margine molto ristretto.
«Tra le professioni per le quali la richiesta di competenza di grado elevato (medio-alta) raggiunge percentuali importanti – dettaglia ancora Unioncamere – si incontrano gli installatori di linee elettriche, riparatori e cavisti (competenza elevata richiesta per l’84,3% delle assunzioni), tecnici della produzione e preparazione alimentare (competenze green elevate richieste per il 71,4% dei contratti di assunzioni), tecnici meccanici (competenze elevate richieste per il 70,3%), manovali nel settore delle costruzioni e della manutenzione opere pubbliche (64,9%), gli idraulici e i posatori di tubazioni idrauliche e di gas (64%)».
Numeri ai quali vanno ad affiancarsi quelli – assai più contenuti – all’analisi della quota di imprese che dichiara di aver già investito o di volere sostenere investimenti in prodotti e tecnologie green in grado di assicurare un maggior risparmio energetico e/o una maggiore sostenibilità ambientale (15,9%) e fornisce «nuovi spunti per cogliere la trasformazione in atto del sistema economico in chiave di sostenibilità ambientale. Una trasformazione – argomentano da Unioncamere – che passa sempre di più attraverso una richiesta pervasiva di competenze “verdi” che interessa tendenzialmente anche professioni che in passato non avevano questo tipo di caratterizzazione. E di queste tendenze dovrà tener conto anche il sistema scolastico e universitario, aggiornando di conseguenza i programmi di formazione dei diversi indirizzi di studio, considerando che tali attitudini sono richieste a 80 laureati su 100 e a circa 3 su 4 diplomati o possessori di qualifica professionale».
Ma di quali competenze si tratta, in concreto? Il recente studio Environmental regulation and green skills: an empirical exploration condotto a livello internazionale e firmato anche dall’economista Giovanni Marin, membro del nostro think tank redazionale Ecoquadro, mostra come le green skills spazino dalle competenze ingegneristiche tecniche a quelle per la gestione delle operazioni, da quelle per il monitoraggio a quelle più prettamente scientifiche: un quadro assai articolato e denso di possibilità, dunque.
Un grado di complessità che del resto già è possibile trovare sbirciando nel mercato del lavoro nazionale: come mostra il più recente rapporto GreenItaly, prodotto dalla fondazione Symbola in collaborazione proprio con Unioncamere sono, 2 milioni e 972mila i posti di lavoro “verdi” – ovvero il 13,1% dell’occupazione complessiva – attivi in Italia al 2017. Una complessità che non trova però nessuno al timone per guidarne lo sviluppo: un ruolo cui l’onere e l’onore spetterebbe alle istituzioni nazionali attraverso una politica industriale coerente, della quale però – anno dopo anno – non c’è traccia.
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it