La tarese è un tipico salume prodotto nel Valdarno e nell’area di Montevarchi, presidio Slow Food. Si tratta di una specie di “pancetta” dalle dimensioni inusuali le sue origini sono antiche e riconducibili alla necessità di recuperare ogni parte del maiale adulto: quando non esisteva la refrigerazione, la salatura era l’unico metodo per la conservazione delle carni. Dalla lavorazione dei maiali pesanti, tradizionalmente di oltre 200 chilogrammi, derivano le dimensioni veramente ragguardevoli e caratteristiche della tarese Valdarno, che può arrivare a misurare fino a 50 per 80 centimetri di lato.
Per produrre questa grandissima pancetta tesa si utilizzano la schiena e la pancia dell’animale, con la presenza pregiata di parte dell’arista. La lavorazione, dopo la separazione del prosciutto dal tronco anteriore, prevede che la parte centrale sia disossata e rifilata dal grasso in eccesso. Il pezzo è poi strofinato con una prima mistura di pepe, aglio rosso macinato grossolanamente, ginepro e altre spezie toscane – c’è chi usa anche la scorza dell’arancia – e, infine, messo sotto sale grosso.
Dopo la salatura, che dura circa 10 giorni, la tarese è lavata, fatta asciugare, nuovamente massaggiata con aglio e spezie, e avviata quindi alla stagionatura per un periodo variabile dai 60 ai 90 giorni.
La tarese del Valdarno si caratterizza per un sapore pronunciato e persistente, ma, allo stesso tempo, più fine e delicato rispetto ad altri salumi di simile fattura. Il grasso dell’arista dona morbidezza e pastosità mentre il profumo è aromatico anche in virtù delle spezie di cui è ricoperta.
Nel passato era abitudine gustarla, non troppo stagionata, passata per qualche minuto sulla griglia, con un contorno di teneri radicchi invernali che ne esaltano il sapore, o con i fagioli coco e zolfino.
Articolo di Benedetta Marziali