Il 9 e 10 luglio si è tenuta una sessione straordinaria dell’Assemblea nazionale del popolo (Apn), il Parlamento cinese che ha esaminato «un rapporto sull’attuazione della legge sul controllo dell’inquinamento dell’aria e un progetto di decisione sul rafforzamento della protezione globale dell’ambiente e il sostegno alla lotta contro l’inquinamento nel rispetto della legge».
Già a maggio e giugno il Comitato permanente dell’Apn aveva inviato 4 team in 8 regioni cinesi per esaminare l’attuazione della legge sul controllo dell’inquinamento dell’aria e aveva anche incaricato gli organi legislativi locali di 23 altre province di condurre ispezioni sull’applicazione della legge.
Dal rapporto esaminato e approvato dall’Apn,emerge che l’applicazione della legge e il controllo dell’inquinamento dell’aria hanno dato risultati positivi: «Nel 2017, la densità media di PM10 in 338 città a livello di prefettura e superiore è calata del 22,7% in rapporto ai livelli registrati nel 2013, quando la densità media di PM2,5 nelle aree più importanti, tra cui la regione pechino-Tianjin-Hebei, il delta del fiume Yangtze e il delta del fiume delle Perle è rispettivamente diminuita del 39,6%, del 34,3% e del 27,7%».
I rapporto ricorda che per ottenere questi risultati, «Nel corso degli ultimi 5 anni, la Cina ha ridotto la capacità produttiva dell’acciaio di 170 milioni di tonnellate, quella di carbone di 800 milioni di tonnellate e quella di cemento di 230 milioni di tonnellate» e denuncia che «Le ragioni principali dell’inquinamento dell’aria in alcune regioni sono una struttura e una pianificazione industriale irrazionali, così come una struttura irragionevole dell’energia e dei trasporti».
L’agenzia ufficiale cinese Xinhua sottolinea che «La Cina ha identificato la prevenzione e il controllo dell’inquinamento come una delle “tre battaglie difficili” nel processo di costruzione di una società di media prosperità, disinnescando i principali rischi e con la riduzione mirata della povertà»,
Intanto, nell’ambito di questa gigantesca trasformazione economica e sociale, China Daily ha annunciato che «La Cina costruirà 300 città forestali entro il 2025 per migliorare le condizioni ambientali delle aree urbane». Le autorità forestali della Repubblica popolare cinese hanno spiegato che «Questi sforzi puntano ad abbassare le temperature, a migliorare la qualità dell’aria, a creare delle barriere acustiche, a generare dei nuovi habitat per la fauna e a migliorare la biodiversità locale». Insomma, quelle che i cinesi chiamano città forestali sono le nostre città verdi, con la differenza che, secondo un piano di sviluppo nazionale pubblicato dall’Amministrazione di Stato delle foreste e delle praterie, «200 città forestali e 6 gruppi di città saranno sviluppati nel corso dei due prossimi anni».
Il progetto riguarda prioritariamente regioni come Pechino-Tianjin-Hebei (la più grande conurbazione del mondo, con più abitanti dell’Italia), le città lungo il fiume Yangtze e le regioni frontaliere collegate ai Paesi coinvolti nel gigantesco progetto economico/infrastrutturale della nuova via della seta.
In Cina già oggi 138 centri urbani hanno ottenuto lo status di città forestali, con una crescita media di 13.333 ettari di zone boscate in ognuna di queste città durante gli ultimi 5 anni.
Secondo China Daily, «Lo sviluppo delle città forestali amplierà la vegetazione e rafforzerà la protezione delle risorse ecologiche attraverso l’aumento degli investimenti e la cooperazione internazionale». E intervenendo alla conferenza annuale dell’Eco Forum Global Guiyang Annual, il vice capo dell’amministrazione forestale cinese, Guiyang Peng Youdong, ha sottolineato che «La gente vedrà maggiori benefici dal verde in più e un ambiente di vita migliorato. Lo sviluppo delle città forestali contribuirà al nostro piano nazionale di costruzione di una Cina bella entro il 2035. Dobbiamo migliorare ulteriormente la consapevolezza dell’opinione pubblica sulla protezione ecologica e ottenere più sostegno pubblico. La Cina è uno dei paesi Più urbanizzati del mondo. La sua popolazione urbana supera gli 800 milioni. Si prevede che questo numero salirà a 1 miliardo entro il 2030».
Liu Shirong, dell’esecutivo dell’International union of forestry research organizations, conclude: «La Cina ha designato la ricostruzione dell’ecosistema come una strategia nazionale, e ora svolge un ruolo globale importante nella campagna: l’esperienza di successo della Cina dovrebbe essere condivisa con più Paesi a beneficio delle persone in tutto il mondo. Le soluzioni scientifiche che la Cina ha scoperto per superare le sfide nella costruzione di città forestali dovrebbero essere studiate da altri Paesi per contribuire a migliorare i servizi collegati all’ecologia in tutto il mondo».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it