Lo studio “Bacterial Nanobionics via 3D Printing” pubblicato su Nano Letters da Sudeep Joshi, Ellexis Cook e Manu Mannoor del Neuro-Bionics and Neuro-Electric Medicine Laboratory, del Dipartimento di ingegneria meccanica dello Stevens Institute of Technology spiega come il team di ricercatori statunitensi ha comprato in un negozio di alimentari un normale champignon (Agaricus bisporus) e l’ha trasformato in un fungo bionico ricoprendolo di grappoli di cianobatteri stampati in 3D che producono elettricità e turbini di grafene nanoribbon in grado di assorbirla.
Allo Stevens Institute of Technology sono consapevoli che «Può sembrare qualcosa che viene direttamente da Alice nel Paese delle Meraviglie, ma gli ibridi fanno parte di un lavoro più ampio per migliorare la nostra comprensione delle macchine biologiche delle cellule e come usare gli intricate ingranaggi e leve di quelle molecole per fabbricare nuove tecnologie e sistemi utili per la difesa, l’assistenza sanitaria e l’ambiente».
Mannoor spiega che «In questo caso, il nostro sistema – questo fungo bionico – produce elettricità. Integrando i cianobatteri in grado di produrre elettricità, con materiali su scala nanometrica in grado di raccogliere la corrente, siamo stati in grado di accedere meglio alle proprietà uniche di entrambi, aumentarle e creare un sistema bionico funzionale completamente nuovo».
In bioingegneria la capacità dei cianobatteri di produrre elettricità è ben nota, ma i ricercatori hanno limitato l’utilizzo di questi microbi nei sistemi bioingegnerizzati perché i cianobatteri non sopravvivono a lungo su superfici biocompatibili artificiali. Mannoor e Joshi, si sono chiesti se gli champignon, che ospitano naturalmente un ricco microbiota, ma non i cianobatteri in particolare, potessero fornire l’ambiente giusto – nutrienti, umidità, pH e temperatura – per i cianobatteri per produrre elettricità per un periodo più lungo.
I due scienziati hanno dimostrato che «Le cellule di cianobatteri sono durate diversi giorni in più quando sono state posizionate sul cappello di uno champignon vivo rispetto a un fungo di silicone e a un fungo morto».
Joshi sottolinea che «I funghi servono essenzialmente come substrato ambientale adatto, con funzionalità avanzate di nutrimento dei cianobatteri produttori di energia Abbiamo dimostrato per la prima volta che un sistema ibrido può incorporare una collaborazione artificiale o una simbiosi ingegnerizzata tra due diversi regni microbiologici».
Mannoor e Joshi hanno utilizzato una stampante 3D robotizzata a braccio per stampare un “inchiostro elettronico” contenente i nanoribbon di grafene e dicono che «Questa rete ramificata stampata funge da rete di raccolta dell’elettricità sul cappello del fungo, agendo come una nano-sonda per accedere ai bio-elettroni generati all’interno delle cellule cianobatteriche». Mannoor fa un esempio: «Immaginate degli aghi che si conficcano in una singola cellula per accedere ai segnali elettrici al suo interno».
Poi i ricercatori hanno stampato un “bioinchiostro” contenente cianobatteri sul cappello del fungo, con uno schema a spirale che si interseca con l’inchiostro elettronico in più punti di contatto. In questi punti, gli elettroni potevano trasferirsi attraverso le membrane esterne dei cianobatteri verso la rete conduttiva di grafene nanoribbon. La luce della fotosintesi dei cianobatteri attivata dai funghi, genera una fotocorrente.
Oltre di mostrare che i cianobatteri vivono più a lungo in uno stato di simbiosi ingegnerizzata, Mannoor e Joshi hanno dimostrato anche che «La quantità di elettricità prodotta da questi batteri può variare a seconda della densità e dell’allineamento con cui sono “impacchettati”, in modo tale che più stanno densamente insieme, più elettricità producono. Con la stampa 3D, è stato possibile assemblarli in modo da aumentare la loro attività di produzione di energia elettrica di 8 volte in più rispetto ai cianobatteri colati usando una pipetta da laboratorio».
Recentemente, alcuni ricercatori hanno stampato cellule batteriche in 3D in diversi modelli geometrici spaziali, ma Mannoor, Joshi e Cook, non solo sono i primi a modellarle per aumentare la loro produzione di elettricità, ma anche a integrarlo per sviluppare un’architettura bionica funzionale.
Mannoor conclude: «Con questo lavoro, possiamo immaginare enormi opportunità per le applicazioni bio-ibride di prossima generazione. Ad esempio, alcuni batteri possono emettere luce, mentre altri percepiscono le tossine o producono carburante. Integrando perfettamente questi microbi con i nanomateriali, potremmo potenzialmente realizzare molti altri incredibili progetti bio-ibridi di per l’ambiente, la difesa, l’assistenza sanitaria e in molti altri campi».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it