Canapa, in Italia i campi coltivati sono aumentati del 1.000% in 5 anni

Dai 400 del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018: gli ettari coltivati a canapa nelle campagne italiane sono cresciuti di circa dieci volte in appena cinque anni (anche se con un andamento altalenante fatto di alti e bassi), anche se ben lontano dai fasti del recente passato, dato che fino agli anni ‘40 il Belpaese con quasi 100mila ettari coltivati a canapa era il secondo maggior produttore al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica. I numeri presentati al Seeds&chips 2018 di Milano da Coldiretti nello studio “La new canapa economy” sono comunque incoraggianti: secondo le stime della Confederazione nazionale coltivatori diretti sono centinaia le nuove aziende agricole che hanno avviato nel 2018 la coltivazione di canapa, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli V.G. Sicilia e Sardegna con il moltiplicarsi di esperienze innovative.

«Il boom della coltivazione della canapa è un’ottima dimostrazione della capacità delle imprese agricole di scoprire e sperimentare nuove frontiere e soddisfare i crescenti bisogni dei nuovi consumatori –commenta il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – Proprio da queste esperienze di green economy si aprono opportunità di lavoro nelle campagne che possono contribuire alla crescita sostenibile e alla ripresa economica ed occupazionale del Paese».

Oggi la canapa sta tornado ad essere una pianta dai mille usi. Vi si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. C’è poi chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, mentre sempre più diffusi sono gli usi alimentari della pianta: il seme di canapa e gli alimenti derivati (resta il divieto di utilizzare per questi fini fiori e piante) contengono, infatti, proteine che comprendono tutti gli aminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e in forma facilmente digeribile.

Ma secondo Coldiretti la nuova frontiera è quella della cannabis light con la coltivazione e vendita di piante, fiori e semi a basso contenuto di principio psicotropo (Thc), spinta dall’approvazione della legge numero 242 del 2 dicembre 2016 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” che ha disciplinato il settore. Con la nuova norma non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di Thc al massimo dello 0,2% (potendo comunque oscillare fino allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore): al momento risulta consentita – precisa la Coldiretti – solo la coltivazione delle varietà ammesse, l’uso industriale della biomassa, nonché la produzione per scopo ornamentale, mentre per la destinazione alimentare possono essere commercializzati esclusivamente i semi in quanto privi del principio psicotropo (Thc).

Un discorso a parte riguarda – continua la Coldiretti – la coltivazione della cannabis a uso terapeutico, riducendo al contempo la dipendenza dall’estero. Attualmente la “marijuana di Stato” è prodotta nello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, dove si punta peraltro ad aumentare la produzione, passando dagli attuali 100 chilogrammi l’anno a circa 300.

Ma quali sono le possibilità economiche aperte da questa “new canapa economy”? Secondo le stime Coldiretti il business della cannabis light potrebbe sviluppare un giro d’affari potenziale stimato in oltre 40 milioni di euro, ai quali si aggiungono i 1,4 miliardi di euro legati alla cannabis a uso terapeutico. Si tratta però di cifre che impallidiscono rispetto a quelle che potrebbero arrivare da una piena legalizzazione della canapa anche per gli usi terapeutici, ipotesi verso la quale si è espresso favorevolmente anche il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione ma poi naufragata in Parlamento: le più recenti stime disponibili indicano che si arriverebbe a 5,5-8,5 miliardi di euro solo considerando gli introiti fiscali destinati allo Stato, dato che già oggi vengono consumate (illegalmente) in Italia 3 milioni di chili di cannabis ogni anno. Un mercato che troppo spesso è in mano direttamente a mafie e narcotrafficanti: «Il proibizionismo ci sta portando i narcos in casa», come d’altronde ripete da anni il sottosegretario di Stato al ministero degli Affari esteri Benedetto Della Vedova.

Notizia tratta dal sito www.greenreport.it

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