È passato più di un quarto di secolo dalla messa al bando dell’amianto nel nostro Paese (avvenuta con la Legge n. 257, del 27 marzo 1992), eppure la sua presenza non si lascia dimenticare facilmente: si stima che lungo lo Stivale siano presenti ancora dalle 32 alle 40 milioni di tonnellate d’amianto, mentre sono 75.000 gli ettari di territorio in cui c’è una accertata contaminazione. Ed è nascosto in ogni dove. Nel corso degli anni è stato utilizzato come isolante termico nei frigoriferi, come materiale di coibentazione su treni, autobus e navi. Può essere presente in forni, stufe, ferri da stiro, tendaggi, tappezzerie e tessuti per abbigliamento. E, naturalmente, spunta sui tetti d’Italia.
Sono ancora migliaia gli edifici pubblici – scuole, ospedali e altre strutture – che ancora “ospitano” manufatti contenenti amianto, senza dimenticare gli 1-2,5 miliardi di metri quadri di coperture in fibrocemento amianto stimate su capannoni, strutture, edifici pubblici e privati.
Per affrontare questo nodo in particolare è stata appena lanciata su Change.org una petizione che vanta come primi firmatari personalità di spicco dell’ambientalismo e della politica italiana (Stefano Ciafani, Giuseppe Civati, Annalisa Corrado, Francesco Ferrante, Rossella Muroni, Gianni Silvestrini, Giovanni Battista Zorzoli). I firmatari spiegano che «lo strumento che ha dato i risultati di gran lunga più efficaci per agire quantomeno sulle coperture in fibrocemento amianto è stato quello di legare un extra-incentivo, per l’installazione di impianti fotovoltaici, alla bonifica e rinnovo delle coperture. In poco più di 2 anni sono stati bonificati più di 20.000.000 di metri quadri di coperture, realizzando vere e proprie centrali fotovoltaiche diffuse per più di 2.000 MW di potenza (capaci di produrre energia elettrica pulita per i consumi di quasi 1 milione di famiglie)».
A partire da questi dati di fatto, la petizione chiede dunque che vengano ripristinati gli incentivi per chi bonifica tetti dall’amianto e passa al fotovoltaico. Lo strumento per agire è già a portata di mano. «In queste settimane – spiegano infatti i firmatari – è in discussione la bozza di nuovo decreto che regolerà gli incentivi alle fonti rinnovabili per i prossimi 3 anni. Una bozza che andrebbe rivista profondamente, a detta dei più autorevoli rappresentanti di imprenditori, associazioni di categoria e associazioni ambientaliste. Al di là delle auspicabili modifiche all’impianto del decreto, chiediamo che, in ogni caso:
– venga ripristinato, per tutte le taglie di impianti fotovoltaici, l’extra incentivo per la rimozione delle coperture in fibrocemento amianto; – la realizzazione di impianti fotovoltaici su coperture contestualmente bonificate, sia un criterio prioritario per la compilazione delle graduatorie dei registri e delle aste».
Una battaglia meritoria non soltanto dal punto di vista ambientale, ma anche – e forse soprattutto – da quello degli impatti sanitari che sarebbe in grado di limitare. Le stime disponibili, stando alle sole malattie per le quali c’è correlazione accertata con l’esposizione alle fibre di amianto, imputano infatti a questo killer silenzioso da 3.000 a 6.000 morti ogni anno (principalmente per mesotelioma maligno, ma anche per altre numerose forme di cancro), e la percentuale di persone che si ammalano senza aver avuto una esposizione di tipo professionale aumenta: i casi di esposizione “ambientale” non potranno che aumentare con il passare del tempo, di pari passo con il deterioramento dei manufatti contenenti le fibre di amianto, che, progressivamente, verranno rilasciate nell’atmosfera in assenza di adeguate bonifiche.
Incentivare la sostituzione dell’amianto coi pannelli fotovoltaici risulta dunque, oltre che una misura di civiltà, anche una fonte di risparmio sul fronte della spesa sanitaria. Senza dimenticare, perché il ciclo possa chiudersi davvero, di un’altra (enorme) esigenza: una volta effettuate le bonifiche, allo stato attuale delle cose risulta difficilissimo trovare un impianto dove conferire l’amianto tolto dai tetti in impianti che possano gestirlo secondo logica di sostenibilità e sicurezza. Come spiegano dallo stesso ministero dell’Ambiente: «Uno dei principali problemi è che mancano le discariche. A volte i monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove poter smaltire l’amianto». Finora una delle soluzioni più praticate è stata quella di spedire i rifiuti contenenti amianto all’estero, soprattutto in Germania, in modo che fossero altri Paesi ad occuparsi del problema italiano (naturalmente a costi assai salati), ma presto anche questa soluzione-tampone potrebbe non essere più disponibili: la soluzione non può dunque essere che quella di crearsi gli impianti necessari a gestire la partita dell’amianto all’interno dei nostri confini.
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it