L’Unione geotermica italiana (Ugi) ha pubblicato lo studio Stime di crescita della geotermia in Italia 2016- 2030, con proiezioni al 2050, tra i lavori più completi ed aggiornati attualmente disponibili sul possibile contributo del calore della Terra alla copertura dei fabbisogni energetici italiani.
In poco più di 100 pagine, l’Ugi delinea l’attuale impiego di questa fonte rinnovabile nel nostro Paese – dove è stata impiegata ai fini della produzione di energia per la prima volta al mondo, oltre un secolo fa –, per poi spaziare tra i possibili sviluppi, dalla produzione geotermoelettrica agli usi diretti del calore, sino a indagare le risorse associate ai sistemi geotermici non convenzionali.
Un’analisi per la quale è fondamentale partire da un dato di fatto: il consumo totale di energia primaria in Italia è (dati 2015) di 171 MTep, soddisfatto per il 75 % da combustibili fossili, per il 6% da elettricità importata e “solo” per il rimanente 19% da fonti rinnovabili.
Una performance da migliorare sensibilmente e in tempi utili a contenere i cambiamenti climatici, anche grazie all’impiego delle potenzialità geotermiche ancora ampiamente inutilizzate nel nostro Paese.
L’energia geotermica è aumentata da1,36 MTep del 2010 a 1,48 MTep del 2015, e il suo contributo ai consumi totali di energia primaria è cresciuto in cinque anni da 0,72% a 0,87%; le emissioni di CO2 evitate grazie alla geotermia nel quinquennio sono dunque passate dai 3,7 MTonn/a del 2010 alle oltre 4 MTonn/a del 2015.
Si tratta di un contributo al miglioramento dell’ambiente già oggi molto significativo, ma che potrà diventare ancora più importante in futuro.
Basti pensare che le «risorse geotermiche su terraferma potenzialmente estraibili in Italia entro 5 km di profondità possono essere stimate da un minimo di 2x1019J (~500 MTep), a 4×1020 J (~104 MTep)», mentre, come già ricordato, «i consumi totali di energia in Italia nel 2015 sono stati pari a 171 MTep».
Partendo da queste cifre teoriche, l’Ugi ha delineato obiettivi plausibili fino al 2030, e proiezioni ipotizzate fino al 2050, articolati su due scenari di sviluppo (il primo più prudente, il secondo più ambizioso), riassunti come nella tabella e grafico a lato.
Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da geotermia, ritiene che «fino a tutti gli anni ’20 la produzione possa provenire solo dallo sfruttamento di sistemi idrotermali a T > 90°C», con una coltivazione della risorsa «probabilmente limitata alla sola Toscana».
A soli dieci anni di distanza, però, il quadro italiano potrebbe essere assai più variegato: «Dopo il 2030, con sfruttamento non solo dei sistemi idrotermali ma anche di quelli non convenzionali (ammesso però per questi ultimi sia stato concluso positivamente un Progetto R&S volto a valorizzare i sistemi geotermici non convenzionali di alta temperatura, ndr), le Regioni diverse dalla Toscana potrebbero giungere a contribuire alla produzione geotermoelettrica del Paese per circa il 35% nel caso dello Scenario I e circa il 40 % nel caso dello Scenario II».
Al proposito l’UGI osserva che, sommando le risorse associate ai sistemi geotermici non convenzionali a quelle dei sistemi idrotermali (ovvero a quelle “tradizionali”), si stima «con prudenza che il potenziale geotermico di medio-alta temperatura esistente in Italia per produrre energia elettrica sia almeno 5.000 MWe per un periodo di sfruttamento di almeno 50 anni».
Ampi sviluppi sono a portata di mano anche per quanto riguarda gli usi diretti del calore offerto dalla geotermia.
«Si stima che essi cresceranno notevolmente nell’insieme (pompe di calore incluse) soprattutto – spiega l’Unione geotermica italiana – per effetto della climatizzazione degli ambienti», passando ad una potenza installata complessiva «nel 2050 da 6 ad 8 volte maggiore dei 1.372 MWt del 2015, per giungere nel 2050 a valori oscillanti tra 8.100 MWt per lo Scenario I ed 11.350 MWt per lo Scenario II».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it