L’Unione europea rappresenta il più grande importatore di energia al mondo, con una bolletta da 350 miliardi di euro che inevitabilmente ricade sui consumatori ogni anno; per di più le emissioni di gas serra nel Vecchio continente sono tornate a crescere, un ulteriore dato che sottolinea l’urgenza di aggiornare la politica europea in tema energetico. L’Italia ieri ha saputo raccogliere la sfida: a margine del Consiglio che ha riunito in Lussemburgo i ministri per l’Energia d’Europa per discutere le direttive sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili – nonché i relativi obiettivi per il 2030 –, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha detto che «l’Italia deve puntare sulle energie rinnovabili come motore per il futuro della sua economia. Per questo in Consiglio abbiamo ribadito la nostra linea, più ambiziosa rispetto al passato – ha sottolineato il vicepremier – in merito alle proposte di direttiva del Parlamento europeo sull’efficienza energetica e sulla direttiva per la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili».
Il nostro Paese appoggia dunque la proposta dell’Europarlamento, che «chiede di fissare un obiettivo vincolante pari al 35% sia per la prima, sia per la seconda», una proposta che ha visto ieri favorevole anche la Spagna. Anzi, «contiamo di alzare maggiormente l’asticella nonostante la proposta della Commissione parli di uno scarso 27% – aggiunge Di Maio – Da oggi ci metteremo al lavoro come Governo per far sentire maggiormente la nostra voce anche agli altri partner europei».
«È vero che due paesi importanti come Italia e Spagna oggi hanno le stesse posizioni dell’Europarlamento quanto agli obiettivi – ha spiegato all’Ansa il commissario Ue al Clima e all’energia Miguel Arias Canete». E anche se Roma e Madrid «non si sono pronunciate sui dettagli della proposta, che sono molti e molto complessi, questo potrebbe facilitare la ricerca di un compromesso da parte della presidenza», che in questa fase è in mano alla Bulgaria.
Naturalmente, avanzare una linea chiara anche sul come raggiungere un miglioramento al 2030 di almeno il 35% dell’efficienza energetica, e una copertura del 35% dei consumi finali lordi di energia con le fonti rinnovabili, darebbe non poca concretezza alla posizione italiana: un aspetto sul quale dobbiamo ancora migliorare molto, sia all’interno dell’Europarlamento (dove, ad esempio, proprio le posizioni del M5S su una peculiarità nazionale d’eccellenza come quella geotermica appaiono contraddittorie), sia sul versante interno. La Strategia energetica nazionale lasciata in eredità dal governo Gentiloni punta infatti a un insoddisfacente 28% di rinnovabili al 2030 (mentre anche Enel ha chiesto di mirare al 35%), un obiettivo al ribasso che tra l’altro ad oggi sembra ancora lontanissimo: «Le tendenze recenti – ha spiegato infatti l’Enea poche settimane fa – non sembrano in linea con l’obiettivo di più lungo periodo, che prevede una continuazione della crescita fino al 28% dei consumi finali entro il 2030».
Eppure il target del 35% sarebbe ancora ampiamente alla portata, investendo nello sviluppo coordinato di efficienza energetica e di tutte le energie rinnovabili che la natura ha donato al nostro Paese. La posizione assunta da Di Maio rappresenta un primo ma non trascurabile passo in avanti, cui ora dovranno seguire azioni concrete: un’opportunità non solo ambientale ma anche economica. «In gioco – commenta al proposito la responsabile Clima ed energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla – non c’è solo il rispetto dell’Accordo di Parigi e quindi la possibilità di sopravvivenza della civilizzazione umana in un mondo accogliente, ma anche un’occasione di nuovo sviluppo economico e di nuovi posti di lavoro in armonia con l’ambiente».
Come dettaglia infatti l’Associazione nazionale energia del vento, per le rinnovabili «aumentare l’obiettivo del 27% al 35% contribuirebbe a creare ulteriori 132.000 posti di lavoro e 92 miliardi di euro di flussi finanziari nell’economia dell’Ue grazie alla sola energia eolica. Tali benefici sarebbero ancor più positivi per l’Italia che ha sviluppato in questi anni una solida industria eolica, ed è diventata esportatrice di questa tecnologia nel mondo. Il nostro Paese infatti ha più di altri bisogno di dare una spinta all’economia e all’occupazione, contribuendo inoltre a combattere i cambiamenti climatici e a salvaguardare l’ambiente e la strada intrapresa finalmente va in questa direzione. Per segnare un cambio di passo con i Governi precedenti, quello del cambiamento dovrà tuttavia far seguire agli importanti ed ambiziosi obiettivi assunti, quegli atti concreti la cui mancanza ad oggi non ha consentito di realizzare i necessari investimenti. Basti pensare – conclude amaramente l’Anev – che i Decreti attuativi per raggiungere gli obiettivi al 2020, che dovevano essere emanati alla fine del 2016 per regolare il periodo 2017/2020, non ci sono ancora».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it