Mentre la dialettica politica italiana – e la prossima campagna elettorale, praticamente mai interrotta – sembra polarizzarsi sempre più in modo acritico tra fazioni pro- e contro- Europa, ieri la Commissione europea ha proposto la sua nuova politica di coesione per il bilancio Ue 2021-2027: ovvero verso quali fini impiegare e come distribuire tra i vari Stati membri 373 miliardi di euro (a prezzi correnti), all’interno della «principale politica di investimenti dell’Ue».
Il Pil pro capite resta il criterio predominante per l’assegnazione dei fondi, ma a questo criterio andranno ad affiancarsi – in modo da “rispecchiare più fedelmente la realtà”, spiegano da Bruxelles – disoccupazione giovanile, istruzione, basso livello di istruzione, cambiamenti climatici come pure accoglienza e integrazione dei migranti.
Data dunque la nostra tutt’altro che rosea performance in questi ambiti, per l’Italia sembrano profilarsi buone notizie. Nonostante i tagli alla politica di coesione per circa il 10% rispetto al budget corrente, la quota di risorse distribuite al nostro Paese aumentano di circa il 6%, assestandosi a oltre 43,4 miliardi di euro (a prezzi correnti, 38,5 a prezzi costanti 2018) sui 373 disponibili; questo significa che è l’Italia lo Stato Ue che più beneficerà della politica di coesione europea dopo la Polonia (72,7 miliardi di euro) e prima della Spagna (38,3), se la proposta della Commissione sarà approvata.
Interessanti progressi si registrano anche sulla tipologia degli investimenti che la politica di coesione Ue andrà ad alimentare: «Nel prossimo decennio – ha dichiarato al proposito il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen – la politica di coesione aiuterà tutte le regioni ad ammodernare le loro industrie e ad investire nell’innovazione e nella transizione verso un’economia circolare a basse emissioni di carbonio. La nostra proposta apporterà un ulteriore contributo a un contesto favorevole all’attività imprenditoriale in Europa, ponendo le basi necessarie alla crescita, alla creazione di posti di lavoro e agli investimenti».
Secondo Bruxelles infatti “la maggior parte degli investimenti a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale e sul Fondo di coesione sarà destinata all’innovazione, al sostegno delle piccole imprese, alle tecnologie digitali e alla modernizzazione industriale. Contribuirà inoltre alla transizione verso un’economia circolare a basse emissioni di carbonio e alla lotta contro i cambiamenti climatici, rispettando gli impegni assunti con l’accordo di Parigi”. E per accedere più agevolmente ai fondi messi a disposizione, la Commissione propone di ridurre la complessità delle norme nel prossimo bilancio a lungo termine dell’Ue, diminuendo la burocrazia e alleggerendo i controlli per le imprese e gli imprenditori che beneficiano del sostegno europeo.
La proposta della Commissione dovrà ora attraversare trattative non facili prima di potersi dire definitiva, e da Bruxelles non si mostrano particolarmente positivi sulle tempistiche. Un accordo nel 2019 sul prossimo bilancio a lungo termine consentirebbe infatti «una transizione agevole tra l’attuale bilancio a lungo termine (2014-2020) e quello successivo», ma la Commissione mette già le mani avanti: «In caso di ritardi analoghi a quelli verificatisi all’inizio dell’attuale periodo di bilancio 2014-2020, 100 000 progetti finanziati con fondi dell’UE potrebbero non essere avviati nei tempi previsti; molte scuole non potrebbero avviare i necessari lavori di ristrutturazione; le attrezzature mediche verrebbero consegnate in ritardo agli ospedali e le piccole imprese dovrebbero pianificare investimenti senza la necessaria certezza».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it