In Italia aumentano immatricolazioni di auto elettriche: 4.827 nel 2017 rispetto alle 2.560 del 2016, e le infrastrutture con 2.750 punti di ricarica, +750 sul 2016, ma restano forti squilibri e un netto divario con i paesi più avanzati. Infatti, i numeri presentati dall’E-Mobility Report 2018 dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano durante il convegno “L’Italia alla sfida della mobilità elettrica”, che ha aperto i lavori di Thatt’s Mobility che termina oggi a Milano, sono ancora piuttosto esigui, se paragonati ai valori del mercato europeo e globale. La crescita dei veicoli elettrici italiani nel 2017 è arrivata appena allo 0,24% del totale dei veicoli italiani (0,1% nel 2016), i quali 1.964 full-electric (BEV, +40% rispetto al 2016) e 2.863 auto “plug in” (i veicoli con la possibilità di ricarica associata ad un motore tradizionale), che sono aumentate del 150% e che per la prima volta hanno superato le BEV. In Italia sono quasi 13.000 le auto elettriche in circolazione. Il mercato italiano è ancora indietro rispetto ai principali partner europei: nel 2017 ha pesato per meno del 2% nel mercato europeo dei veicoli elettrici, a fronte del 13% del totale delle immatricolazioni.
»Numeri ben lontani da Norvegia e Germania – sottolineano al Politecnico di Milano – che con 62.000 e 55.000 immatricolazioni sono i primi mercati in Europa. Ma i risultati dei primi mesi del 2018 testimoniano un crescente fermento del settore anche in Italia: nel primo semestre sono state immatricolate 4.129 auto elettriche, quasi come nei dodici mesi precedenti, con un aumento dell’89%. Una crescita che ha coinvolto anche le infrastrutture di ricarica, che a fine 2017 comprendevano circa 2.750 punti di ricarica pubblici (+750 sul 2016), di cui il 16% (443) high power, e circa 1.300 colonnine, anche se la distribuzione geografica appare ancora sbilanciata, con differenze evidenti fra le aree del Paese».
Secondo Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group, «In Italia nell’ultimo anno il settore ha registrato una crescita significativa sia dal punto di vista dei volumi di vendite sia da quello infrastrutturale Certo, come numeri assoluti siamo ancora lontani dai paesi più avanzati a livello europeo e globale e le difficoltà da superare sono molte, come il costo ancora elevato dell’auto elettrica e una infrastruttura di ricarica che gli stessi utilizzatori considerano insufficiente e non ancora adatta ad abilitare un utilizzo smart dell’auto elettrica. Ma nel complesso la ricerca evidenzia come la mobilità elettrica stia diventando anche in Italia una componente fondamentale del nostro modo di vedere i trasporti del futuro».
Nel mondo nel 2017sono state vendute quasi 1,2 milioni di auto elettriche, «con una crescita del 57% rispetto al 2016 (erano circa 750mila) e più del doppio delle 537mila vetture elettriche del 2015 – sottolinea il rapporto -. Un trend positivo che, secondo le previsioni, dovrebbe continuare anche nel 2018, con quasi due milioni di nuovi veicoli elettrici attesi sul mercato.
La Cina, con circa 580mila auto vendute e una crescita del 72% rispetto al 2016, è il mercato delle auto elettriche più importante del mondo, seguita dall’Europa (290mila, +39%) e dagli Usa (200mila, +27%). In Europa primeggia la Norvegia, con 62.000 veicoli venduti (terzo Paese per immatricolazioni dopo Cina e Stati Uniti) che rappresentano ben il 39% del mercato interno. Segue la Germania con quasi 55.000 immatricolazioni, più del doppio del 2016 (+117%), che sorpassa sia la Gran Bretagna, a quota 47.000 (+27%), sia la Francia (37.000, +26%). Questi primi quattro Paesi rappresentano da soli il 70% del totale in Europa. Quarto è il Giappone, che con i suoi 56.000 veicoli venduti e una crescita del 155% si afferma come il mercato più dinamico.
Secondo il rapporto del Politecnico di Milano, «Una delle ragioni che possono spiegare il diverso andamento delle vendite delle auto elettriche è la mancanza di meccanismi di incentivazione. In Italia, dopo la fine degli incentivi statali diretti per l’acquisto di veicoli elettrici, le uniche misure di sostegno rimaste sono decise a livello locale e di solito prevedono una riduzione dei costi di circolazione dei veicoli, come sconti sul bollo e accessi e parcheggi gratuiti in zone a pagamento». Chiesa aggiunge che «Un mercato retto solo da una politica di incentivi non è sostenibile, tuttavia una nuova tecnologia difficilmente è competitiva con quelle esistenti nelle fasi iniziali. Pertanto, gli incentivi, se ben dimensionati, possono essere un utile strumento di accompagnamento».
L’E-Mobility Report 2018 fa notare che «Non è un caso che i Paesi europei più rilevanti in termini di immatricolazioni di veicoli elettrici siano accomunati dall’adozione di incentivi, diretti sia all’acquisto sia all’uso e alla circolazione. In Norvegia, ad esempio, sono previsti incentivi diretti (-25% dell’Iva al momento dell’acquisto) e indiretti (accesso gratuito o a prezzo agevolato a parcheggi, traghetti etc) e viene applicato un sistema di imposte che penalizza i veicoli più inquinanti. La Germania (secondo Paese in Europa per auto elettriche vendute) propone un incentivo diretto all’acquisto pari a 4mila euro per un BEV e 3mila per un PHEV, come la Francia (6mila per entrambi, più un’ulteriore somma se sostituiscono un vecchio veicolo diesel) e il Regno Unito (il 35% del prezzo)».
A fine 2017, in Italia c’erano circa 2.750 punti di ricarica pubblici a norma (+750 sul 2016), dei quali il 16% (443) high power, distribuiti in circa 1.300 colonnine. «Nonostante la crescita registrata nell’ultimo anno – si legge nel rapporto – l’attuale infrastruttura di ricarica non è diffusa in modo omogeneo sul territorio italiano, con un divario evidente fra il Sud e le altre aree del Paese e con differenze notevoli anche fra regione e regione. Una caratteristica che risulta ancora più significativa se si considera l’infrastruttura di ricarica in DC (corrente continua), che oggi rappresenta circa il 10% dei punti di ricarica complessivi, localizzati per quasi due terzi al Nord (63%), poco più di un quarto al Centro (28%) e meno di un decimo al Sud e Isole (9%).
La maggior parte delle installazioni è localizzata nei contesti urbani (50%) e nei punti di interesse (45%), mentre fuori dalle città ce ne sono ancora poche (5%), anche se la minore diffusione è compensata dalla maggiore velocità di ricarica. Il divario con i principali Paesi europei, già registrato a proposito delle immatricolazioni, è marcato anche dal punto di vista infrastrutturale: se consideriamo i punti di ricarica high power la percentuale sul totale dei punti di ricarica è in linea con la media dei paesi più avanzati, ma su numeri assoluti molto inferiori».
Secondo un sondaggio condotto dall’Energy&Strategy Group, per quasi 3 potenziali acquirenti su 4, la principale barriera all’acquisto di un’auto elettrica, è il costo ancora elevato delle vetture, seguito dall’inadeguatezza della rete di ricarica (indicato dal 50%) e dall’autonomia limitata (22%).
L’Energy&Strategy Group evidenzia anche un altro aspetto: «I possessori hanno dichiarato di usare l’auto elettrica principalmente durante il tragitto casa-lavoro e per brevi viaggi, mentre meno della metà del campione la utilizza anche per viaggi lunghi, a conferma del fatto che la range anxiety (ossia il timore che la batteria si scarichi) rimane un fattore rilevante anche dopo l’acquisto. Circa due utilizzatori su tre dichiarano di ricaricare il veicolo a casa, a fronte di un 33% che non utilizza l’infrastruttura domestica. Le percentuali si invertono se si considera la ricarica sul posto di lavoro, dove solamente il 42% del campione ha dichiarato di poter usufruire di questa possibilità. Complessivamente, solo il 16% degli utilizzatori di auto elettriche non ha accesso alla possibilità di ricarica privata (a casa o sul posto di lavoro) e deve quindi fare affidamento esclusivamente sulla ricarica pubblica».
Per Chiesa, «I risultati del sondaggio evidenziano come ad oggi, nel mercato italiano, la disponibilità di un punto di ricarica domestica o sul luogo di lavoro sia condizione quasi indispensabile per vincere la range anxiety e convincere un privato all’acquisto di un’auto elettrica. Soprattutto perché la rete di ricarica pubblica è considerata adeguata solo dal 10% del campione, contro il 30% che la ritiene adeguata in parte e il 60% che pensa non lo sia affatto».
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, dal sondaggio emerge che il prezzo è solamente il quarto fattore per importanza tra quelli riportati come rilevanti nella percezione di chi già utilizza un’auto elettrica. Quelli che riscuotono il maggior interesse sono l’affidabilità e la capillarità della rete di ricarica: oltre il 50% del campione ha assegnato il punteggio massimo a questi due fattori. Di minore interesse la possibilità di prenotazione e l’esistenza di una app. Nonostante la metà del campione ritenga i prezzi attuali troppo alti, il 70% sarebbe disposto a pagare di più se la ricarica fosse più veloce.
Ma il rapporto ammette che «Il costo di una vettura elettrica comparato a quello di una tradizionale è ancora troppo elevato per conquistare un’importante quota di mercato». Ma Chiesa ricorda che «Bisogna tuttavia considerare che i veicoli elettrici forniscono allestimenti superiori rispetto ai modelli base di quelli tradizionali. In secondo luogo, un’auto elettrica comporta nel lungo periodo costi inferiori rispetto a quelle a combustione interna, legati a una minore usura dei componenti, a una spesa generalmente più bassa per il rifornimento e a riduzioni sulle imposte di possesso e circolazione».
Uno strumento utilizzato generalmente per confrontare veicoli con alimentazioni differenti è il Total Cost of Ownership (TCO), l’analisi di tutti i costi di un mezzo di trasporto lungo la sua durata di vita utile. Come risulta dall’analisi condotta da Energy&Strategy Group, «Utilizzando questa metodologia si riducono le differenze di costo tra vetture elettriche e tradizionali, in molti casi rivelando che le prime sono maggiormente economiche, Tuttavia ad oggi risulta pienamente competitivo solamente il caso in cui l’acquisto sia incentivato, il che spiega bene perché mai allo stato attuale gli incentivi siano importanti. Diverso il discorso per le flotte aziendali, potenzialmente già competitive, benché vi siano anche altre alimentazioni convenienti (ad esempio le ibride non plug in)».
Notizia tratta dal sito www.greenreport.it